L´isola di spazzatura va dalle coste del Nord America al Giappone. È stata scoperta da un giovane miliardario che navigava per diporto. Gli scienziati confermano.
Nuota come un immenso bestione marino, non si vede finché non ci arrivi sopra perché sta appena sotto il pelo dell´acqua, afferra tutto quello che incontra sul suo cammino, come una fossa di vischiose sabbie mobili. Il mostro toglie la vita a volatili e pesci, e minaccia la salute del nostro pianeta: si tratta di una gigantesca isola di spazzatura, una «zuppa di plastica» che si estende attraverso l´intero oceano Pacifico settentrionale, da 500 miglia nautiche al largo della California fino alle Hawaii, e da queste fin quasi al Giappone.
Scoperta quasi per caso, sbattuta ieri in prima pagina dall´Independent di Londra, l´isola dei rifiuti di plastica è opera dell´uomo: l´abbiamo costruita noi, un pezzo alla volta, gettando pattume in mare. Un quinto dell´inestricabile groviglio galleggiante proviene da navi e pozzi petroliferi; il resto, ovvero la stragrande maggioranza, arriva dalle coste del Nord America e dell´Estremo Oriente. E continua a crescere, ingrandendosi di anno in anno, come in un film di fantascienza.
«La mia previsione», dice Charles Moore, colui che l´ha avvistata e per primo ha provato a disegnarne la mappa, «è che raddoppierà di dimensioni nell´arco di un decennio».
Dopo aver fatto il marinaio per diporto da giovane, Moore stava godendosi l´eredità con una gara in yacht da Los Angeles alle Hawaii; per errore il suo piroscafo l´aveva portato in un´area nota come «il cerchio del Nord Pacifico», un vortice in cui l´oceano circola più lentamente per l´assenza di vento e un sistema di pressione estremamente alta. Il navigatore rimase stupefatto: «Ero circondato dalla plastica, giorno e notte, a migliaia di miglia nautiche da terra. Ogni volta che uscivo sul ponte a guardare, c´era della spazzatura che galleggiava. Non potevo credere ai miei occhi». Era il 1997. Come folgorato da quella casuale visione, il giovane miliardario vendette l´azienda di famiglia e da allora usa le sue risorse economiche per studiare e localizzare la macchia di plastica. Dopo dieci anni di ricerche, ora ha concluso l´impresa, disegnando confini e caratteristiche di questo mostro degli oceani. «Contiene almeno 100 milioni di tonnellate di plastica», afferma Moore, è divisa in due blocchi, uno un po´ più grande a est delle Hawaii, l´altro un po´ più piccolo a ridosso del Giappone. Insieme, hanno un´estensione pari a due volte gli Stati Uniti».
Due Americhe di rifiuti di plastica.
Conferma il professor David Karl, un´autorità in materia di inquinamento marino, docente di oceanografia all´università delle Hawaii: «Non c´è motivo di dubitare dell´esistenza di queste isole di spazzatura. La plastica che buttiamo via deve pur finire da qualche parte ed era ora che qualcuno scoprisse dove va a finire».
Un rapporto dell´Onu del 2006 calcola che un milione di uccelli marini e oltre 100 mila pesci o mammiferi marini all´anno muoiano a causa dei detriti di plastica, e che ogni miglio quadrato nautico di oceano contenga almeno 46 mila pezzi di plastica galleggiante. Probabilmente inclusi, per restare in tema, un po´ di quei rifiuti che a Napoli nessuno sapeva più dove gettare.
Fonte: La Repubblica
il bello è che fino ad ora nessuno lo sapeva. (ci credi?)
Andrò a vivere lì dopo il 15 aprile….
l’ho sentito pure io ieri alla radio..l’isola di plastica..
tristezza…
ho annotato che ieri non hai commentato…..
vendendo al tuo post…..se ne parla da molto di questa isola che c’è…potrebbero farci un mega centro turistico come a Dubai
un articolo peraltro migliore di quello di Repubblica: brava. molto professionale.
@sparKaos: certo!
@ankou6: se trovi un bilocale si divide le spese
@nightnurse: il bello è che non sembra aver destato troppo clamore
@newyorker: giornate strane, lunghe ma veloci, umore non al meglio!
@un progressista: l’articolo è quasi lo stesso di quello di repubblica (anche se il complimento mi aveva esaltata!). E’ un sunto del cartaceo, non so cosa abbiano riportato in rete..
ah parli dell’edizione cartacea? allora taccio: io parlavo dell’articolo online di qualche mese fa. comunque brava lo stesso per la pazienza nel trascrivere
E’ che mi aveva colpita molto 🙂
Sono ammutolito.
I nostri figli ci costruiranno i villaggi vacanze e il suolo si autalimenterá dalle spazzature consumate dai turisti. Nel frattempo il cielo diventerá grigio e la natura comincieráa ritirarsi in angoli dimenticato per stare in pace.
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